Cosa si intende per capital gain o plusvalenza?
Il capital gain è il guadagno (plusvalenza) derivante dalla compravendita di uno strumento finanziario e rappresenta la base imponibile per la tassazione delle rendite finanziarie.
In Italia i regimi di tassazione previsti per i capital gain sono tre:
- dichiarativo;
- amministrato;
- gestito.
Scegliendo il regime dichiarativo l’intermediario accredita al lordo i proventi percepiti dai redditi diversi. Sarà poi compito del contribuente assolvere agli obblighi tributari attraverso la presentazione della dichiarazione dei redditi e la compilazione del quadro RT del modello Unico applicando l’imposta sostitutiva del 26%. Il conteggio delle plusvalenze avviene applicando il metodo LIFO (Last in first out), ossia l’ultimo ad entrare è il primo ad uscire.
Per quanto riguarda i redditi di capitale si applica la ritenuta alla fonte o l’imposta sostitutiva. In alternativa si portano in dichiarazione come i redditi diversi.
Qualora le operazioni abbiano generato perdite o minusvalenze, queste possono essere portate in deduzione dalle plusvalenze ottenute nei quattro successivi periodi di imposta.
Vantaggi e svantaggi del regime dichiarativo
La scelta del regime dichiarativo presenta sia aspetti positivi che negativi rispetto agli altri due regimi.
Tra i vantaggi segnaliamo:
- il versamento delle imposte in modo autonomo l’anno successivo rispetto a quando si manifestano i proventi derivanti dai redditi diversi;
- la possibilità di dedurre le minusvalenze realizzate successivamente alle plusvalenze purchè verificatesi nello stesso periodo di imposta;
- l’opzione di compensare plusvalenze e minusvalenze relative a rapporti intrattenuti con intermediari diversi. Vantaggio importante per posizioni di importi rilevanti che si avvalgono di più banche.
Tra gli svantaggi, invece, segnaliamo:
- l’impossibilità di compensare redditi diversi con i redditi di capitale;
- la sottoposizione del contribuente agli obblighi di monitoraggio fiscale;
- la perdita dell’anonimato del contribuente nei confronti del Fisco, dato che ha il dovere di denunciare i redditi diversi in sede di dichiarazione dei redditi, oltre che determinare l’imposta da versare;
- L’obbligo di monitoraggio fiscale e quindi di raccogliere tutta la documentazione necessaria
Il regime del risparmio amministrato presuppone l’esistenza di un rapporto di custodia o amministrazione titoli con un intermediario residente. L’investitore delega l’intermediario per tutti gli adempimenti di natura fiscale. In questo caso è quindi l’intermediario a calcolare per ogni operazione le plusvalenze e/o minusvalenze realizzate sugli strumenti finanziari. In caso di capital gain è dunque la banca che versa al fisco l’imposta dovuta, garantendo il pieno anonimato dell’investitore.
Infine nel regime del risparmio gestito abbiamo un incarico di gestione patrimoniale affidato a un intermediario residente che applica l’imposta sostitutiva sul risultato netto della gestione maturato nel periodo d’imposta. In questo caso è il complesso dei redditi incassati o maturati nel corso dell’anno (interessi, dividendi, plusvalenze) ad essere soggetto a imposta con compensazione di eventuali minusvalenze. In pratica si confronta la valorizzazione del portafoglio investimenti alla fine dell’esercizio con quella di inizio anno. Anche in questo caso l’investitore è esente da obblighi nei confronti del fisco, in quanto ad essi adempie il gestore e gode del vantaggio dell’anonimato.
La casistica di gran lunga più diffusa riguarda il regime del risparmio amministrato, di cui parleremo in questo articolo.
Il capital gain può derivare dalla compravendita di:
- titoli azionari;
- quote societarie;
- etf e fondi comuni di investimento;
- valute;
- obbligazioni;
- titoli di Stato;
- opzioni e futures.
Come si calcola la tassazione del capital gain: quanto si paga sulla plusvalenza?
Si ottiene calcolando la differenza tra prezzo di vendita o rimborso (al netto di eventuali commissioni) e il prezzo di acquisto o sottoscrizione (comprensivo di commissioni).
Nel caso di titoli azionari comprati in più tranche si calcola un prezzo medio in base alla media dei prezzi di ogni operazione d’acquisto, ponderata con le quantità.
Quando in un solo giorno effettui più operazioni sia di acquisto che di vendita, il prezzo medio deriva dalla media dei prezzi di ogni acquisto/vendita ponderata per le quantità acquistate/vendute.
Tassazione del Capital Gain in Italia
La tassazione del capital gain in Italia è regolata da specifiche normative. In generale, l’aliquota fiscale applicata sul capital gain è del 26%. Questa stessa percentuale viene applicata anche ai dividendi derivanti da azioni, così come alle plusvalenze generate dalla vendita di quote in Fondi Comuni d’investimento o ETF. È importante notare che esistono alcune eccezioni a questa regola, per esempio, in caso di eredità o donazione, la tassazione può variare.
Conferme ed eccezioni alla tassazione del capital gain
Come abbiamo appena detto, la tassazione del Capital Gain al 26% si applica anche ai dividendi staccati dalle singole azioni, così come agli Etf e ai Fondi Comuni d’investimento, con l’eccezione di quelli al cui interno sono contenuti titoli di Stato. In questo caso tale componente influisce nella tassazione finale per il 48,08%.
Il Capital Gain infatti sui titoli di Stato, cioè Bot, Btp, Cct e Ctz beneficia di una tassazione diversa, pari al 12,5%, allo stesso modo dei titoli emessi da enti pubblici (regioni, province e comuni), delle obbligazioni di organismi internazionali come World Bank e BEI e i bond di stati esteri che fanno parte della così detta “white list”, ossia la lista dei Paesi con i quali esiste uno scambio di informazioni.
Le minusvalenze o capital loss
Le minusvalenze sono il contrario del Capital Gain. Rappresentano le perdite derivanti dall’attività di compravendita di strumenti finanziari, depurate da eventuali interessi maturati e dagli oneri accessori. In pratica tutte le volte che vendi un’attività finanziaria a un prezzo più basso del prezzo di acquisto.
Nel momento in cui realizzi una minusvalenza puoi utilizzarla per abbattere la tassazione di eventuali plusvalenze future. Le minusvalenze generano un credito fiscale che puoi recuperare dalle plusvalenze conseguite nello stesso anno e/o nei successivi 4 anni.
La distinzione tra redditi di capitale e redditi diversi
Devi fare molta attenzione perché non è sempre possibile recuperare le minusvalenze. Il fisco italiano distingue i rendimenti in due categorie:
- redditi da capitale;
- redditi diversi
Alcuni strumenti finanziari non ti consentono di recuperare le minusvalenze. SI tratta di tutti quei redditi caratterizzati dalla certezza e dalla prevedibilità e legati alla gestione diretta del capitale. Sono relativi a:
- Etf;
- fondi comuni di investimento;
- dividendi azionari;
- cedole di obbligazioni;
- proventi di polizze e assicurazioni;
- interessi di conto corrente
che, secondo il fisco italiano, generano i così detti “redditi di capitale”.
Strumenti che compensano le minusvalenze
Le minusvalenze sono invece compensabili con gli strumenti che generano ”redditi diversi”, ossia:
- azioni;
- obbligazioni;
- Etc ed Etp;
- Certificates e AMC;
- futures.
Un’efficace gestione dei capital gain è un valore aggiunto che apporta il consulente finanziario indipendente.
L’attenzione alla fiscalità consente di ottimizzare il Portafoglio e ottenere nel tempo rendimenti decisamente superiori. Analizzando i portafogli dei clienti gestiti da banche e promotori finanziari, mi accorgo che quest’aspetto è del tutto trascurato creando spesso danni e perdite rilevanti.
La conseguenza è che paghi il 26% di imposte tutte le volte che guadagni, ma non compensi quasi mai le perdite (minusvalenze).
Ciò accade perché banche e reti di promozione finanziaria collocano i soliti prodotti da budget, ossia fondi comuni di investimento, polizze assicurative e gestioni patrimoniali che non ti consentono di recuperare le perdite.
Un altro aspetto importante da considerare è la finanza comportamentale che ci insegna che tendiamo a procrastinare nel tempo il dolore derivante dalla chiusura di posizioni in perdita. Questo comporta che vendiamo i titoli migliori del portafoglio appena sono in guadagno e manteniamo, invece, a lungo quelli in perdita.
Ti invito a contattarmi per approfondire l’argomento e valutare le migliori soluzioni per te. Un’imposta lecitamente non pagata rappresenta un’imposta risparmiata.
Fabrizio Taccuso | Consulenza Vincente
Domande frequenti sul Capital Gain o Plusvalenza
Il calcolo del capital gain viene effettuato a fine giornata considerando tutte le operazioni dello stesso giorno. Se non ci sono minusvalenze da recuperare la banca, che funge da sostituto di imposta, lo trattiene direttamente e accredita la somma derivante dalla vendita dello strumento finanziario già al netto dell’imposta applicata. In caso invece di minusvalenze pregresse, che rappresentano un credito d’imposta, l’importo verrà scalato a partire dalle minusvalenze più lontane nel tempo.
Puoi compensare minusvalenze in scadenza con il capital gain derivanti dalla vendita di titoli in guadagno presenti nel tuo portafoglio. Attenzione che non tutti gli strumenti finanziari consentono di recuperare minusvalenze, ma solo quelli che generano redditi diversi come azioni, obbligazioni, certificates, Etc ed Etp. Se non hai in portafoglio strumenti che stanno guadagnando puoi acquistare strumenti finanziari creati proprio con lo scopo di recuperare le perdite.
I capital gain consentono di recuperare le minusvalenze originatesi nello stesso anno solare e nei quattro anni precedenti.
Non paghi le tasse sui capital gain se hai minusvalenze pregresse da recuperare. Se hai plusvalenze in una banca e minusvalenze su un’altra, puoi chiudere il deposito titoli della banca su cui ha le minusvalenze (se vuoto) e le trasferisci sulla banca in cui hai realizzato le plusvalenze. Se non ne hai l’unica alternativa è il cambio di residenza fiscale se effettuate in un Paese che non applica tasse sul capital gain.