C’era una volta la banca! 30 anni fa la mia assunzione alla Banca Popolare dell’Emilia.
La banca a quel tempo era uno dei posti di lavoro più sicuri e ambiti. Era il 1 Agosto 1990.
Le banche aprivano sportelli ovunque e facevano la fila per assumere chi si diplomava o laureava con buoni voti. Il direttore di banca, insieme al prete ed al farmacista, era la persona più importante del paese. La gente aveva una sorta di timore reverenziale anche solo a varcare l’ingresso della banca che era sinonimo di assoluta sicurezza per i nostri risparmi. Il bancario era considerato un privilegiato, io stesso ero felice di iniziare a lavorare proprio in quel mondo. Ricordo il mio primo stipendio, decisamente sopra la media a quel tempo. Allora si prendevano tredicesima, quattordicesima, riparto degli utili e premio di produzione e alle 17 si staccava la spina e si era liberi di dedicarsi ai propri hobbies. Per una persona poco più che ventenne tutto questo consentiva un’ottima qualità di vita. Si entrava in banca come addetti allo sportello e alle mansioni di cassa. Dopo alcuni anni, se dimostravi attitudini commerciali, potevi accedere al ruolo di gestore di famiglie o aziende. Con un ulteriore step potevi aspirare anche al ruolo di Direttore.
La mia esperienza di 17 anni di banca è stata senza dubbio positiva.
Mio padre mi aveva trasmesso la passione per il mondo della Finanza e appena possibile avevo chiesto al direttore di essere adibito a mansioni di consulenza ai privati. Mi piaceva parlare con i clienti e avevo discrete doti commerciali. Tra la fine degli anni 90 ed inizio Duemila c’era un vero e proprio “mercato dei bancari”. Le banche più aggressive offrivano soldi e avanzamenti di carriera a chi ricopriva posizioni commerciali e di consulenza. Ho avuto diverse offerte cambiare banca, ma non le ho mai accettate. Per me non era fondamentale prendere 200 o 300 euro al mese in più, se ciò avesse comportato peggiorare la mia qualità di vita a causa di pressioni da budget o trasferimenti in altre città.
Infatti, in quegli anni, all’interno delle banche si cominciava a parlare di pressioni commerciali e di budget.
C’erano stati gli scandali Cirio, Parmalat e lo scandalo legato ai prodotti My Way e For You, proposti da Banca 121 e Banca Agricola Mantovana, acquisite da poco da MPS. Un giorno uno dei clienti più importanti della banca mandò una comunicazione in filiale, con la quale annunciava di affidarsi ad un consulente finanziario indipendente per la gestione del suo patrimonio. In pratica la banca avrebbe fatto solo da passa carte, non sarebbe più stata lei a consigliare gli investimenti a quel cliente. Era il 2006, non sapevo nemmeno che esistesse questa figura professionale. In quel periodo facevo il gestore Private, ovvero seguivo i clienti Vip della banca. In teoria doveva essere un ruolo di prestigio, gestendo i rapporti dei clienti più importanti, alla prova dei fatti si trattava di collocare i prodotti della banca: fondi comuni e gestioni quasi sempre deludenti.
La lettera di quel cliente mi aveva aperto un mondo nuovo e iniziavo a pensare al progetto “Consulenza Vincente”.
Ho ponderato bene la scelta e dopo circa un anno ho scelto di cambiare il mio percorso professionale. Era l’agosto del 2007, ricordo ancora l’espressione di mia madre quando le comunicai la mia intenzione di dimettermi dalla banca. “Ma sei matto a lasciare il posto sicuro? Cos’è che vai a fare?”
Il tempo ha dato ampiamente ragione sulla bontà della mia scelta!
Oggi la qualità del lavoro in banca è drammaticamente peggiorata! Tra scandali, fallimenti, chiusura di sportelli e fusioni varie, è un vero e proprio bollettino di guerra! Lavorare per una banca non suscita più invidia, c’era una volta il mito del posto in banca, oggi non c’è più! Nel tempo gli addetti ai lavori, così come anche i “postini” della Posta hanno dovuto riciclarsi in “consulenti finanziari” e consulenti family, collocando un gran numero di prodotti; alcune volte è andata bene, più spesso…
Vogliamo parlare dei diamanti e delle obbligazioni di banche “saltate per aria”?
La crisi finanziaria, l’arrivo di normative più stringenti, la rivoluzione digitale e la concorrenza sempre più pressante delle società del Fintech hanno cambiato e cambieranno sempre di più il modo di fare banca. Senza contare che presto anche Apple, Google, Facebook e Amazon sbarcheranno nel settore bancario. Dopo 13 anni di esperienza di consulenza finanziaria indipendente posso affermare che le persone non cercano e non vogliono un venditore di prodotti, ma qualcuno che li aiuti a raggiungere i loro obiettivi. Cercano disponibilità, empatia, affidabilità, proattività.
Le persone chiedono un servizio personalizzato, orientato a soddisfare esigenze più complesse.
Oltre alla migliore allocazione del proprio patrimonio finanziario cercano soluzioni efficaci per:
- integrare la pensione;
- tutelarsi da rischi patrimoniali, personali e professionali;
- gestire per tempo il passaggio generazionale
Ecco allora l’ulteriore evoluzione, il passaggio da consulente finanziario a consulente patrimoniale.
Prendersi cura dei progetti di vita della persona e della famiglia e, quando c’è, anche dell’azienda. Il consulente patrimoniale diventa il “pivot”, il collettore tra i diversi professionisti di riferimento della famiglia come il commercialista, l’avvocato, il notaio, il consulente aziendale ecc.
Il mondo sta cambiando alla velocità della luce ed il Covid ha accelerato i cambiamenti.
I software soppianteranno la maggior parte delle industrie tradizionali. Uber funziona con un software, non possiede un taxi, ma è diventata la più grande compagnia di taxi a livello mondiale. Airbnb è la più grande compagnia di alberghi a livello mondiale, sebbene non possieda nessun albergo. I computer stanno aumentando in modo esponenziale la loro comprensione del mondo. Negli USA i giovani avvocati già ora non trovano lavoro perché attraverso attraverso IBM Watson si possono avere consulenze legali con il 90% di precisione in più rispetto agli avvocati. Tutto ciò accadrà anche nel mondo della finanza; già oggi esistono robot advisor che creano portafogli in base ad algoritmi. Solo i professionisti che saranno in grado di evolvere ed implementare il proprio servizio non perderanno clienti. Le persone non potranno parlare con un robot nei momenti di alta emotività dei mercati o quando si tratterà di pianificare i loro obiettivi e progetti di vita. Chi sarà in grado di dare veramente valore aggiunto continuerà a lavorare, tanti saranno costretti a cambiare lavoro nei prossimi anni.
Sono arrivato al traguardo dei 30 anni nel mondo della finanza, ma la strada è ancora lunga, perché nei prossimi 20 anni mi aspettano tante altre sfide…
Fabrizio Taccuso