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Previdenza complementare: cos’è, vantaggi e consigli

La previdenza complementare è il sistema di previdenza privata che consente di integrare la previdenza obbligatoria, detta anche pensione di base.
Cosa trovi in questo post:
Previdenza integrativa

Cosa significa fare Previdenza Complementare

Fare previdenza complementare significa accantonare risparmi su base volontaria per integrare la Previdenza obbligatoria.

La previdenza complementare, detta anche integrativa, costituisce il secondo pilastro del sistema pensionistico. Non ha la funzione di sostituire la previdenza pubblica (definita primo pilastro), ma di aggiungersi ad essa, in modo da mantenere, durante la terza età, il più possibile inalterato il tenore di vita dell’età attiva.

Fare previdenza complementare é diventata una necessità, perché è ormai chiaro a tutti che il sistema pensionistico obbligatorio potrà fornire in futuro solo una tutela parziale. Quindi è fondamentale versare prima e quanto più possibile nel secondo pilastro pensionistico.

L’evoluzione della previdenza e il sistema pensionistico in Italia

Per capire meglio le problematiche legate alla Previdenza, è utile ripercorrere le tappe che hanno portato al sistema previdenziale obbligatorio.

  • 1952 – introduzione del trattamento minimo di pensione (oggi abolito per chi si trova nel regime contributivo);
  • 1957 – estensione previdenza obbligatoria agricoltura;
  • 1959 – estensione previdenza obbligatoria artigiani;
  • 1966 – estensione previdenza obbligatoria commercianti;
  • 1965 – introduzione pensione di anzianità con 35 anni di contribuzione a prescindere dall’età anagrafica, ridotti a 20 anni per i dipendenti statali e a 25 per i dipendenti degli enti locali (baby pensionati);
  • 1969 – passaggio dalla gestione a capitalizzazione a quella a ripartizione (legge Brodolini).
  • 1996 – Istituzione dell’Inpdap che ha assorbito una serie di casse pubbliche.

Il problema delle pensioni baby

Nel 1965 è stata introdotta la pensione di anzianità con 35 anni di contribuzione a prescindere dall’età anagrafica. Per i dipendenti statali gli anni sono stati ridotti a 20, mentre per i dipendenti degli enti locali bastavano 25 anni di contribuzione (baby pensionati).

È uno dei punti chiave, perché proprio da lì nascono molte delle attuali criticità. E’ una pensione anomala, che abbiamo ancora oggi in Italia, e che non trova riscontro in nessuna parte del mondo.

A fine 2021 risultavano ancora in essere 36.330 pensioni baby per gli uomini e 149.510 per le donne, per una spesa complessiva di 3 miliardi di euro.

Gli uomini avevano una decorrenza media della pensione di anzianità dai 45 anni, mentre le donne dai 42 anni. Trattandosi di una decorrenza media molte persone sono andate in pensione ben prima dei 40 anni. La durata di tali pensioni è mediamente di 35 anni per gli uomini e 36 anni per le donne.

Il regalo fatto a qualcuno nel 1965 è l’origine di gravi problematiche finanziarie che ancora oggi ci trasciniamo.

La crisi degli anni Settanta

Negli anni Settanta, precisamente tra il 1973 e 1976, l’Italia ha avuto un forte rallentamento dell’economia dovuto alla crisi petrolifera, con un vertiginoso aumento del debito pubblico per sostenere le imprese in crisi e tutti coloro che non trovavano lavoro.

La conseguenza è stata che negli anni Ottanta, per riequilibrare i conti pubblici, si è dovuto ricorrere a un inasprimento della pressione fiscale. Dopo la spesa sanitaria, la spesa previdenziale era la voce di spesa che gravava di più sul debito pubblico che stava assumendo dimensioni sempre più elevate rispetto al PIL.

Il criterio della ripartizione

Il sistema pensionistico pubblico è basato sul criterio della ripartizione. Con tale meccanismo finanziario lavoratori e aziende versano contributi agli enti di previdenza per pagare le pensioni di coloro che hanno già lasciato l’età lavorativa. E’ il cosiddetto principio di solidarietà generazionale.

Tale sistema, in essere anche negli altri Paesi europei, funziona bene sino al momento in cui i flussi in entrata sono maggiori rispetto alle uscite, ossia all’ammontare delle pensioni pagate.

Purtroppo in Italia negli ultimi anni il sistema previdenziale pubblico é caratterizzato da un forte squilibrio tra entrate e uscite. La spesa per le pensioni in Italia è tra le più alte del mondo, siamo secondi solo alla Grecia. Nel 2021 è arrivata a 313 mld, il 17,6% del Pil.

Le criticità della demografia italiana e la precarietà del lavoro

La dinamica della attuale demografia ha un impatto decisivo. L’aumento delle aspettative di vita della popolazione porta a un aumento del numero dei pensionati. A ciò si abbina il perdurare di un basso tasso di natalità (fattore negativo). Si è arrivati progressivamente a un generale invecchiamento, con la popolazione in età attiva (tra i 15 e 64 anni) in costante diminuzione.

Addirittura negli ultimi anni si parla di denatalità. L’Italia è tra gli ultimi Paesi al mondo per quanto riguarda le nascite. Ciò non ha conseguenze immediate, ma tra 15/20 anni avrà un forte impatto sul sistema previdenziale pubblico.

A questo scenario si aggiunge il fatto che il lavoro in Italia è diventato sempre più flessibile e frammentato. Spesso è precario, per cui i giovani, i pensionati del futuro, non potranno contare su un tenore di vita in continuità tra lavoro e pensione, facendo affidamento sul solo assegno pensionistico pubblico.

Le principali riforme

Ecco che per far fronte a queste dinamiche si sono attuate negli anni una serie di riforme strutturali che avevano l’obiettivo di riportare sotto controllo la spesa pensionistica.

Tra gli interventi sostanziali vanno ricordati in particolare:

  • Il D.lgs 124 dell’Aprile 1993 che ha disciplinato la previdenza complementare anche in Italia, con l’istituzione del secondo pilastro pensionistico e le forme ad adesione collettiva. Sono stati disciplinati i fondi pensione aperti e i fondi chiusi (negoziali) che si sono aggiunti ai fondi preesistenti, creati dalle grandi aziende, compagnie assicurative e istituti di credito.
  • l’adozione del metodo di calcolo contributivo dal 1996, introdotto dalla riforma Dini del 1995, esteso successivamente dalla riforma Fornero e applicato a tutte le categorie di lavoratori per i contributi versati dal 1 Gennaio 2012. In base a questo metodo di calcolo l’assegno pensionistico è parametrato ai contributi versati nell’arco di tutta la vita lavorativa. In precedenza con il metodo retributivo l’importo della pensione era basato sulla media delle retribuzioni percepite durante l’ultima parte della vita lavorativa del contribuente. Quindi quando il lavoratore era all’apice della carriera e con uno stipendio più alto.

Come funziona la Previdenza Complementare

In un contesto di questo genere il ruolo della previdenza pubblica non potrà che essere sempre più marginale, per lasciare spazio alla previdenza privata.

Qualsiasi persona, giovane e meno giovane, dovrebbe aderire prima possibile alla previdenza complementare. L’adesione è su base volontaria ed è aperta a chiunque, a prescindere dall’attività svolta.

Si esplica mediante la scelta di una delle forme pensionistiche complementari:

I fondi pensione sono autorizzati e sottoposti alla vigilanza di un’autorità pubblica: la commissione di vigilanza sui fondi pensione (COVIP).

La previdenza complementare è basata sul principio della individualità. Ciò significa che i contributi versati sono fisicamente presenti nella posizione del singolo lavoratore e integralmente investiti durante l’arco della vita lavorativa.

Il totale della posizione è costituito dai contributi a carico del lavoratore, eventuali contributi a carico del datore di lavoro e dal TFR. A ciò si sommano i rendimenti realizzati durante il periodo di investimento nei mercati finanziari, al netto delle spese e delle imposte sui rendimenti.

Il secondo pilastro pensionistico si basa sulla capitalizzazione individuale, in base alla quale i contributi periodici versati sono accantonati nella posizione individuale e investiti da gestori specializzati nel mercato finanziario. L’aderente può scegliere il profilo o il comparto su cui investire. Per semplificare il concetto esistono linee garantite, prudenti, bilanciate o azionarie.

I vantaggi di aderire per tempo

Attraverso l’adesione a strumenti previdenziali collettivi o individuali, la previdenza complementare offre agli aderenti la possibilità di costituire una pensione aggiuntiva che integra parzialmente o totalmente la pensione erogata dal sistema di adesione obbligatoria.

I principali obiettivi sono:

  • colmare il gap pensionistico;
  • usufruire dei vantaggi fiscali previsti dalla legge;
  • sfruttare i vantaggi contrattuali, quindi il contributo dell’azienda previsto per alcune fattispecie di fondi;
  • avere un’opportunità di investimento diversificata e a basso prezzo

I contributi versati alle forme di previdenza complementare dal lavoratore e dal datore di lavoro sono deducibili dal reddito complessivo dichiarato ai fini Irpef per un importo non superiore a 5.164,57 Eur.

L’agevolazione determina un risparmio in termini di minori imposte pagate, pari all’aliquota fiscale più elevata applicata al reddito complessivo del lavoratore.

Utili consigli

Nonostante tutte le criticità elencate, si può affermare che, al momento, la previdenza non abbia avuto un grande successo. La sola leva fiscale, benché importante, non interessa chi fa fatica ad arrivare alla fine del mese perché ha altre priorità e nemmeno i ragazzi giovani che hanno lavori precari.

Pigrizia, scarsa educazione finanziaria e anche un po’ di scetticismo limitano lo sviluppo della previdenza integrativa.

Al riguardo sarebbe certamente utile una campagna di comunicazione da parte delle autorità competenti per sensibilizzare l’opinione pubblica su questa delicata materia.

E’ fondamentale anche il ruolo dei professionisti di settore. In particolare il consulente finanziario indipendente deve aiutare i propri clienti a fare una corretta pianificazione finanziaria, personale e familiare.

Noi di Consulenza Vincente abbiamo notato che tutte le volte che i nostri clienti sono stimolati e adeguatamente informati, con esempi chiari e concreti, capiscono immediatamente l’importanza di attivare con tempismo la propria posizione previdenziale individuale.

Per questo voglio terminare l’articolo con alcuni utili consigli che voglio condividere con te.

1) Comincia prima possibile, meglio subito. Anche piccoli versamenti possono contribuire nel lungo periodo a raggiungere un capitale adeguato rispetto alle esigenze previdenziali.

2) Aderisci da solo o in forma collettiva. L’adesione può avvenire in forma collettiva, se previsto da un accordo aziendale, dall’ordine professionale o dall’associazione di categoria. Oppure puoi aderire in forma individuale.

3) Parti dalla fine. Pensa di essere prossimo alla pensione. Che capitale ti servirà per vivere una vecchiaia serena? E’ una domanda difficile, a cui è possibile dare risposta grazie a simulatori online. Non puoi prevedere il futuro, ma è importante definire la rotta.

4) Il tempo è dalla tua parte. L’adesione a un Fondo Pensione Aperto fa partire da subito gli anni della Previdenza Complementare. Ciò è utile per abbassare l’aliquota di tassazione in sede di liquidazione della prestazione e anche per eventuali richieste di anticipazione. Inoltre, se sei lontano dalla pensione, scegli comparti a maggior contenuto azionario. In un orizzonte di lungo periodo ti consentiranno una maggior crescita del capitale.

5) Massimizza il beneficio fiscale. Sui contribuiti versati ogni anno puoi avere una deducibilità sino a 5.164 Euro l’anno.

6) Risparmia con la logica del piano di accumulo (PAC). I versamenti ricorrenti in un’ottica di lungo periodo riducono il rischio finanziario e massimizzano i benefici fiscali.

7) Monitora e ribilancia. Nei primi anni di adesione e meno importante, ma col passare del tempo l’investimento non va perso di vista. Valuta con il tuo consulente finanziario (naturalmente indipendente) la possibilità di effettuare passaggi a comparti meno rischiosi man mano che si avvicina il momento della pensione.

8) Considera le vie di uscita. In determinate circostanze puoi disporre del capitale investito anche prima del pensionamento, attraverso la liquidazione del montante in capitale.

9) Controlla i costi. Come potrai facilmente intuire, maggiore è l’orizzonte temporale e più i costi giocano un ruolo fondamentale nella creazione di valore. I costi di gestione dei prodotti previdenziali hanno un impatto decisivo sull’importo delle prestazioni erogate che non dipendono solo dai rendimenti maturati, ma anche dai costi di gestione.

Con questo articolo spero di aver fugato ogni dubbio sull’importanza della previdenza complementare. Ma se ne avessi ancora ti faccio due domande:

  • immagina che di colpo il tuo reddito si riduca improvvisamente del 40 o 50%. A quante cose che facevi prima dovresti rinunciare oggi?
  • Come ti sentiresti se, una volta in pensione, dovessi chiedere aiuto ai tuoi figli o a qualcun altro per mantenere il tuo tenore di vita?

Da consulente patrimoniale che ha a cuore il tuo futuro, ti invito ad agire per tempo. Contattami e ti aiuterò a scoprire la soluzione migliore per te.

Fabrizio Taccuso | Consulenza Vincente

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