Investire nei Paesi Emergenti rappresenta per molti investitori un’alternativa alla ricerca di maggiori rendimenti rispetto ai titoli di stato dell’Area Euro.
Non sempre però, almeno nel breve periodo, ciò porta automaticamente a risultati positivi. Anzi può comportare anche notevoli perdite in conto capitale. Ho avuto il piacere di essere intervistato al riguardo su Plus 24, inserto del Sole 24 Ore, in edicola oggi.
L’investimento nei Paesi Emergenti ha come riferimento due indici principali, a seconda che si voglia investire nell’azionario o nell’obbligazionario. Tali indici sono il Msci Emerging Markets e il JP Morgan EMBI Global. Hanno molti aspetti in comune, ma differiscono per la loro esposizione nei vari Paesi e per i rischi. L’indice MSCI Emerging Markets comprende 24 Paesi, ma i 5 maggiori (Cina, Corea del Sud, Taiwan, India e Sudafrica) rappresentano oltre il 70% del valore di mercato.
Rispetto all’azionario l’universo del reddito fisso è più diversificato. L’indice JP Morgan EMBI Global, che comprende titoli denominati in dollari emessi dai Paesi dei mercati emergenti, comprende 66 Paesi. I cinque maggiori rappresentano solo il 40% del valore di mercato e i primi tre il 28%. Dei 66 Paesi nel benchmark a reddito fisso solo 19 Paesi si sovrappongono all’universo azionario.
Il rendimento positivo degli ultimi anni dei mercati emergenti ha spinto molti investitori a destinare parte dei propri asset in questi mercati, ma negli ultimi mesi il vento è cambiato, sia sul fronte obbligazionario che azionario. I motivi principali di tensione sono costituiti da:
- le tensioni tra Stati Uniti e Cina;
- la forza del dollaro;
- i rialzi dei tassi di interesse;
- le prospettive di riduzione della crescita degli utili
Molti risparmiatori spesso non sono consapevoli dei rischi a cui si può incorrere, nel breve periodo, investendo nei Paesi Emergenti.
Talvolta si assumono posizioni eccessivamente rischiose derivanti da una concentrazione su singoli Paesi. In passato abbiamo assistito al default delle obbligazioni dell’Argentina, ma può anche accadere di incorrere in perdite sul cambio (es. Obbligazioni in Lira Turca). Il nostro consiglio è quello di non assumere mai rischio specifico acquistando singoli titoli. E’ fondamentale diversificare sempre il proprio investimento utilizzando Fondi e Sicav ad alto rating ed Etf.
Nei Paesi Emergenti la gestione attiva può portare valore aggiunto rispetto agli Etf che sono a replica passiva. I mercati emergenti non sono una classe di asset omogenea, bensì un insieme di Paesi estremamente differenti e in continua evoluzione. Studiandoli attivamente si riesce a trarre beneficio dalle loro differenze in termini di rischi e opportunità.
Ogni investitore deve valutare attentamente il proprio profilo di rischio prima di prendere posizioni sui Paesi Emergenti.
Noi pensiamo che una quota in Portafoglio tra il 10 ed il 15% possa essere ottimale in Portafoglio. Per chi oggi non detiene posizioni consigliamo acquisti diluiti nel tempo in più tranche. Uno dei principali motori della crescita economica nei mercati emergenti sta nella ricchezza sempre maggiore della popolazione, un fenomeno che va di pari passo con l’espansione del ceto medio. I mercati emergenti possono già contare su un ceto medio di oltre un miliardo di persone. Stando alle previsioni, entro il 2020 questa cifra raddoppierà a oltre due miliardi, per cui nei mercati emergenti si concentrerà circa il 70% del ceto medio mondiale.
Questo gruppo di consumatori disporrà di un reddito sempre più cospicuo, con livelli di spesa crescenti. Alla variazione del reddito pro capite corrisponde inoltre una modifica nella struttura della domanda: i consumatori, infatti, non si limitano più ad avere bisogno di materie prime e beni di prima necessità, ma cominciano a desiderare anche articoli durevoli nonché prodotti e servizi patrimoniali. I consumatori dei mercati emergenti che vantano una ricchezza sempre maggiore finiscono quindi per nutrire gli stessi desideri e le stesse aspirazioni dei loro omologhi nei paesi industrializzati, creando così occasioni di crescita strutturale in settori come, ad esempio, alimenti e bevande, commercio al dettaglio, automobili, viaggi e servizi finanziari.
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Fabrizio Taccuso