Performance è il termine usato in finanza per indicare il risultato dell’investimento in un certo periodo di tempo.
La performance della maggior parte degli investitori nel lungo periodo tende ad essere deludente ed inferiore a quella dei mercati.
Questo vale per i risparmiatori Italiani ma anche per i risparmiatori americani. Proprio negli Usa è stata effettuata la ricerca riportata nelle due tabelle sottostanti. Vengono sintetizzati gli scarsi risultati conseguiti sia dagli investitori in azioni che in obbligazioni negli ultimi 30 anni:
Uno studio realizzato su un periodo temporale così lungo è altamente significativo e merita di essere letto, analizzato e capito.
In questo trentennio ci sono stati crolli finanziari, come quello del 1987, bolle speculative, come la famosa Dot-com bubble del 2000 e la tristemente nota crisi finanziaria del 2008. Ma vi sono stati anche periodi lunghi caratterizzati da mercati molto positivi, come alla fine degli anni ’90 e dal 2012 ad oggi.
L’inclusione di un orizzonte temporale così significativo è importante per capire i motivi per cui tanti ottengono risultati deludenti.
L’investitore medio arriva generalmente ad investire sui mercati con molto ritardo, quando ormai buona parte del rialzo e già avvenuto e non adotta/conosce strategie di controllo del rischio!
E’ chiaro che se l’investitore medio avesse replicato semplicemente un indice azionario come lo S&P 500, oppure quello obbligazionario, avrebbe generato risultati più soddisfacenti. Purtroppo, la maggior parte degli investitori non ragiona così. L’uomo, essendo una creatura altamente emotiva, tende a diventare avido in periodi positivi e timoroso durante le fasi negative.
Il risultato è che gli investitori entrano ed escono dal mercato nei momenti sbagliati. (leggi il mio articolo relativo al market timing). Il grafico sottostante ci aiuta a ben comprendere i cicli di mercato e l’emotività che caratterizza l’investitore tipico.
Come puoi immaginare, nelle prime fasi di mercato rialzista, l’investitore tende ad essere prudente e non investe. Quando le quotazioni si avvicinano ai massimi e tutti i media ne parlano, l’investitore tenderà ad agire in uno stato di euforia. Acquisterà proprio vicino ai massimi. Di lì a poco il mercato inizierà a scendere, l’investitore si farà coinvolgere dalle emozioni e peggiorerà il suo umore. Diventerà sempre più preoccupato, fino a raggiungere il panico; in quel momento venderà le azioni.
Peccato che sarà proprio questa la fase in cui si presentano le migliori opportunità per cavalcare futuri rialzi. Ma l’investitore non le coglierà a causa della paura e del suo stato d’animo depresso.
La ragione principale per cui ciò accade dipende dalla finanza comportamentale e dalla mancanza di disciplina.
Tutto ciò si traduce in decisioni non ottimali o errate che incidono sulle performance degli investimenti. Alla lunga i mancati guadagni e le perdite accumulate possono incidere in modo catastrofico sulla performance del portafoglio.
Performance inferiori al mercato dell’uno o due per cento l’anno, in un orizzonte temporale di 20 o 30 anni, possono comportare mancati guadagni, o addirittura perdite, notevoli.
Cosa fare quindi?
Se il problema principale è l’ emotività nel momento delle decisioni e la mancanza di una ferrea disciplina, la soluzione logica è rivolgersi a professionisti che applicano approcci e metodologie efficaci e costanti nel tempo.
Se leggendo questo articolo ti sei riconosciuto negli atteggiamenti e negli errori tipici dell’investitore medio, ti consiglio di contattarci. Ti spiegheremo come muoverti con più efficienza e migliorare le tue performance.
Fabrizio Taccuso