Lo scandalo Popolare di Vicenza è il caso emblematico di malaffare italico.
Le autorità preposte a vigilare come Consob e Banca d’Italia non hanno fatto il loro dovere. E soprattutto i vertici della banca si sono arricchiti a spese di tanti risparmiatori. E’ anche l’esempio di come una banca molto radicata ha letteralmente distrutto l’economia del territorio, mandando in rovina un sacco di famiglie.
La Popolare di Vicenza è la decima banca italiana; esiste da 150 anni, ha 650 filiali, 5.500 dipendenti e 117.000 soci. In Veneto è la prima banca popolare. L’azione non è quotata alla Borsa Italiana, aspetto molto rilevante, in quanto la banca ne ha sempre fissato arbitrariamente il prezzo. Le pressioni commerciali allo sportello spingevano i correntisti a diventare anche azionisti. Il presupposto era che, proprio perché il titolo non era quotato in Borsa, il suo valore sarebbe sempre e solo cresciuto. E così è stato sino al 2014, quando l’azione ha toccato i 62,50 euro, superando di dieci volte il valore di Unicredit.
Il fatto decisamente da censurare, oltre che essere una pratica illecita è che, per sostenere il valore del titolo, venissero erogati ai clienti finanziamenti gonfiati.
In pratica la banca concedeva prestiti subordinati alla sottoscrizione di azioni.
Se avevo bisogno di 100.000 euro, me ne davano 120.000 e con i 20.000 aggiuntivi mi obbligavano ad acquistare azioni della Popolare di Vicenza. Solo in questo modo imprenditori, artigiani e privati potevano avere l’accesso al credito, altrimenti il finanziamento veniva negato!
Come funzionavano le cose dentro la Popolare di Vicenza, Banca d’Italia lo sapeva dal lontano 2001. Durante un’ispezione sanziona i vertici perchè il valore dell’azione non era ispirato da criteri di oggettività. Sembra paradossale, ma veniva deciso dai consiglieri della banca, mettendosi d’accordo tra loro. Banca d’Italia lo ribadisce anche nel 2008 in cui dice che manca il parere di esperti indipendenti. Nel 2009 afferma che il prezzo non è adeguato alla redditività.
Le cose cambiano solo nel 2015, in seguito all’ispezione della BCE. Essa afferma che le garanzie sui crediti non sono sufficienti e serve un aumento del capitale. La perdita di bilancio del 2014 è di 758 milioni di euro ed a quel punto l’azione crolla.
D’allora gli azionisti che vogliono vendere le loro azioni e tornare in possesso dei loro risparmi, non possono più perchè l’azione è bloccata. Ad eccezione di qualche cliente Vip, a cui la banca garantisce un trattamento preferenziale ed il riacquisto delle azioni.
Tutti i piccoli azionisti sono rimasti con il cerino in mano…
Adesso arriva il nuovo aumento di capitale della Popolare di Vicenza da 1,76 miliardi. Avverrà ad un prezzo compreso “tra un minimo vincolante” di 0,1 e “un massimo vincolante” di 3 euro per azione. Ma ieri è emerso che il prezzo dell’aumento di capitale è stato già stabilito e va da un massimo di 0,10 euro a un minimo prossimo allo zero. A fissare questo intervallo di prezzo è il Fondo Atlante che subentra ad Unicredit nell’obbligo di sottoscrizione dell’inoptato, investendo circa 1,5 miliardi di euro. A rivelare il vero prezzo è la stessa Popolare “costretta” dalla Consob ad emettere un comunicato. Si legge: “Quaestio sgr, per conto del Fondo Atlante, si è impegnata nei confronti di Unicredit a sottoscrivere le azioni non sottoscritte nell’ambito dell’Offerta globale a un prezzo non superiore al valore minimo del cosiddetto intervallo di valorizzazione indicativa, come determinato dal cda della banca”.
E così i vecchi azionisti si troveranno ad aver perso praticamente il 100% dei loro investimenti; al valore di 0,10 euro infatti la perdita ammonta al 99,84!!
Le cause di tutto questo? Vertici della banca che hanno agito da padroni, pensando esclusivamente a fare i loro interessi. Ma anche pratiche commerciali scorrette, questionari Mifid manipolati. Il tutto per fare in modo che le procedure permettessero l’acquisto delle azioni anche a chi non aveva un profilo di rischio adeguato. Per finire organismi di controllo esterni ed interni alla banca che non hanno fatto il loro dovere, in primis Consob e Banca d’Italia.
La colpa dei correntisti della Popolare di Vicenza è di essersi fidati ciecamente del bancario di turno. Allo sportello venivano proposte le azioni come un investimento sicuro e smobilizzabile in qualsiasi momento. Nessuno si documentava ed era consapevole dei rischi a cui stava andando incontro.
Le vicende legate a tutto il mondo bancario italiano degli ultimi anni hanno invece dimostrato sin troppe volte che la fiducia dei risparmiatori nei confronti del mondo bancario e dei suoi vertici non è di certo ben riposta. I casi Monte dei Paschi, Popolare Etruria, Cassa di Risparmio di Ferrara, Veneto Banca e Popolare di Vicenza sono solo alcuni esempi.
Purtroppo non sono i primi e di certo non saranno nemmeno gli ultimi…
Fabrizio Taccuso