Nella mia attività di consulente patrimoniale ho spesso a che fare con imprenditori. Qualche giorno fa ho avuto una situazione spinosa da affrontare: una mia cliente si è separata dal marito da cui ha avuto 2 figli, ancora minorenni.
Gli ex coniugi sono soci e amministratori di una società insieme ai genitori di lei. Con la cliente abbiamo pianificato, insieme al suo legale di fiducia, la gestione delle quote e delle diverse proprietà mobiliari e immobiliari. Lo scopo è di proteggere il suo patrimonio, qualora dovesse succederle qualcosa, ed evitare che il marito, ormai ex, possa intervenire.
Lei, la chiameremo Agnese; é una imprenditrice giovane con 2 figli minorenni, un’azienda, una crisi coniugale e un patrimonio da gestire.
Mi capita spesso di incontrare persone a cui parlo dell’importanza della consulenza patrimoniale e all’inizio rimangono un po’ scettici.
Tutti pensano agli investimenti, alle azioni, ai BTP. E a tutto il resto?
Se dovessero esserci crisi all’interno della tua azienda o della tua famiglia, credi che non potrebbero esserci ripercussioni sul tuo patrimonio personale?
Le situazioni su cui gli imprenditori devono riflettere
Quanti imprenditori hanno all’interno della compagine societaria i componenti della famiglia, anche di quella allargata? Quanti suoceri hanno i generi in azienda: e se si dovessero lasciare? O se dovessero esserci delle crisi, quali soluzioni possono mettere in campo?
Ti faccio un altro esempio. Luca é un imprenditore affermato che possiede una catena di ristoranti di successo. Durante il suo matrimonio ha accumulato un notevole patrimonio aziendale e personale. Tuttavia, a causa di problemi coniugali irrisolvibili, Luca e la moglie decidono di divorziare.
Durante le procedure di divorzio, la moglie di Luca richiede una quota significativa dei beni matrimoniali, compresi i beni aziendali di Luca. Nonostante Luca abbia cercato di mantenere la sua attività separata dai beni matrimoniali, il tribunale decide che i beni aziendali acquisiti durante il matrimonio devono essere considerati parte del patrimonio coniugale e devono essere divisi in modo equo tra lui e sua moglie.
Di conseguenza, Luca si trova a dover cedere una parte sostanziale delle sue azioni nella catena di ristoranti o a pagare una somma considerevole per rimborsare la ormai ex moglie.
Ciò può comportare una riduzione significativa del controllo aziendale di Luca e un impatto negativo sulle sue finanze personali. Potrebbe essere costretto a vendere alcune delle sue attività o ad affrontare un carico di debito per soddisfare l’accordo di divorzio.
L’impatto finanziario del divorzio può mettere a rischio la stabilità finanziaria di Luca e influire sulla sua capacità di mantenere il suo stile di vita o di investire in nuovi progetti imprenditoriali. Inoltre, l’instabilità derivante dal divorzio potrebbe anche avere un impatto emotivo su Luca, influenzando la sua concentrazione e le sue decisioni imprenditoriali.
Consideriamo le possibili controversie
Quanti imprenditori hanno dovuto affrontare controversie con i propri dipendenti e collaboratori e hanno subito pesanti conseguenze a livello patrimoniale?
Anche la successione aziendale, se non pianificata, mette in pericolo la stabilità: qualche giorno fa, in occasione del convegno nazionale di ANCP uno dei relatori ha puntualizzato proprio questo aspetto.
La prima e la seconda generazione portano avanti l’azienda; ma spesso quando arriva la terza, il meccanismo si inceppa. Perché? Perché i legami parentali tra i componenti del board si allentano: ai fratelli seguono i cugini.
Esistono delle soluzioni? Certo che sì: facciamo un patto di famiglia, per esempio.
Cito queste situazioni per evidenziare i rischi concreti che l’imprenditore corre, anche se non se ne rende conto sino al momento in cui dovesse manifestarsi l’evento.
I Principali Strumenti di Protezione del Patrimonio
Che fare allora? Correre ai ripari?
Questo non sempre è possibile, mi spiego meglio.
La legge consente di utilizzare diversi strumenti giuridici per separare il patrimonio personale da quello aziendale ed evitare che i tracolli di una parte si ripercuotano sull’altra e viceversa.
Ecco un elenco di strumenti a nostra disposizione:
- Fondo patrimoniale;
- trust;
- interventi sullo statuto societario;
- testamento;
- patti di famiglia.
Si tratta di strumenti utili per queste situazioni, ma devono essere adottati per tempo, quando è tutto tranquillo…in bonis dice la legge.
Prendiamo il fondo patrimoniale: è un vincolo giuridico che viene impresso su alcune tipologie di beni come gli immobili e i beni mobili registrati.
Questo vincolo è come se segnasse una linea di confine; ciò che è aggredibile dai creditori, da ciò che non lo è.
E’ considerato una sorta di assicurazione di un minimo vitale per la famiglia, per i danni causati dalle iniziative dei coniugi estranee alla famiglia e, quindi, per lo più di carattere speculativo o imprenditoriale.
Il trust è uno strumento che nasce dal mondo anglosassone, ma ormai è utilizzato in Italia e i suoi vantaggi sono molteplici per quelle famiglie che hanno necessità di proteggere il patrimonio per generazioni anche da insidie esterne.
Faccio riferimento al trust familiare, grazie al quale si affida la gestione dei beni della famiglia ad amministratori esperti affinché questi li gestiscano secondo le volontà della famiglia.
Pensa al caso di chi è avanti con l’età e vuole assicurarsi che non gli manchino assistenza e cure. O al caso di chi ha figli piccoli o che si trovano in una situazione di fragilità e vogliono essere sicuri che ci sia qualcuno a gestire il patrimonio per qualsiasi evenienza.
Gli altri strumenti hanno una destinazione prettamente imprenditoriale perché sono progettati per chi vive questa realtà professionale.
Cominciamo dallo statuto societario; come sappiamo tutti, è la carta che regola la vita della società e spesso la mia esperienza di consulente patrimoniale mi fa dire che viene sottovalutato.
Che cosa succede se uno tra i soci viene improvvisamente a mancare? Bisogna liquidare gli eredi? O questi subentrano automaticamente? E come?
Ecco, torniamo a ciò che dicevamo prima: risolvere il problema dopo che si è creato è difficile, costa tempo e soldi perché al 90% dei casi si va a finire in tribunale. Nel caso migliore ci si lascia male.
Invece, mettere mano allo statuto societario si può e deve essere fatto.
Nel caso di società di persone, se c’è la morte del socio, la sua quota non si trasmette agli eredi e i soci superstiti devono liquidare questi ultimi.
Se non li liquidano, i soci sono costretti a chiudere la società.
Tuttavia si può modificare questo ma deve essere fatto prima che avvenga il decesso: come?
Si inseriscono nello statuto le clausole di continuazione che, come dice lo stesso nome, permettono agli eredi di subentrare nella quota del de cuius e ai soci di continuare la società senza dover liquidare alcunché.
Il testamento è uno strumento adatto a tutti, non è necessario essere imprenditori per adottarlo, ma molti imprenditori lo utilizzano…vedi il testamento di Berlusconi e Caprotti solo per citare qualche personaggio famoso.
Vero però che intorno a questo strumento ci sia troppa superstizione; gli italiani faticano a fare testamento rispetto ad altri paesi.
Io però, come consulente patrimoniale, ho anche l’obiettivo di fare cultura patrimoniale e dire le cose come stanno.
Il testamento è un ottimo strumento per gestire il patrimonio e soprattutto evitare le liti in tribunale: considerate che in Italia una causa dura in media circa 7 anni e tra quelle più lunghe ci sono proprio quelle ereditarie (e non ci sono solo gli Agnelli o altre famiglie industriali…).
Per gli imprenditori, mi permetto di suggerire loro, ove sia possibile, il patto di famiglia.
I miei clienti hanno quasi sempre il figlio o la figlia o i nipoti che vivono e lavorano in azienda.
Magari hanno fatto un percorso all’estero e dopo un po’ di esperienze fuori sono ritornati a casa e vogliono passare al comando dell’azienda di famiglia.
E il patto di famiglia serve proprio a questo: trasmettere l’azienda di famiglia a figli o nipoti sfruttando le agevolazioni fiscali che la legge abbina a questi strumento.
Scegliendo il patto di famiglia, il trasferimento dell’azienda è esente dall’imposta di successione e donazione: zero imposizione fiscale.
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