Il Rendiconto MiFID o rendiconto dei costi ex post è uno dei documenti più importanti a cui devi fare attenzione. Ti aiuta sia ad aumentare la tua consapevolezza finanziaria e soprattutto a evitare di pagare costi inutili.
Ti è mai capitato di chiederti perché, nonostante anni di investimenti, il tuo patrimonio sembra crescere così lentamente? La risposta potrebbe essere nascosta in un documento che probabilmente non hai mai visto: il tuo rendiconto MiFID dei costi.
Il documento che nessuno vuole farti vedere
Immagina di andare al supermercato e scoprire che il prezzo sullo scaffale non è quello reale che pagherai alla cassa. Assurdo, vero? Eppure, nel mondo degli investimenti, questa situazione è stata la norma per decenni. I risparmiatori investivano i loro soldi senza sapere davvero quanto stavano pagando in commissioni, costi nascosti e oneri vari.
Tutto questo è cambiato, almeno sulla carta, nel gennaio 2018, quando è entrata in vigore la direttiva MiFID II, che ha introdotto l’obbligo per banche e intermediari finanziari di fornire ai clienti un documento chiamato rendiconto MiFID dei costi. Si tratta di un vero e proprio “scontrino” degli investimenti che dovrebbe rivelare tutti i costi sostenuti nell’anno precedente.
Ma c’è un problema: dopo oltre sei anni dalla sua introduzione, questo documento rimane un perfetto sconosciuto per la maggior parte degli investitori italiani. Non è un caso. Come vedremo, c’è ben poco interesse da parte degli intermediari a pubblicizzare questo strumento di trasparenza.
La Direttiva MiFID 2 e la trasparenza
La MiFID 2 (Markets in Financial Instruments Directive) è la direttiva europea per i servizi e i mercati finanziari.
E’ entrata in vigore nel 2018 e ha lo scopo di tutelare il risparmiatore imponendo a banche, società di intermediazione e altre istituzioni finanziarie una serie di obblighi in termini di trasparenza, chiarezza, comprensibilità e adeguatezza dei servizi offerti alla clientela.
Che cos’è veramente il rendiconto MiFID
Il rendiconto MiFID dei costi è, in sostanza, il riassunto annuale di tutto quello che hai pagato per i tuoi investimenti. È come se fosse l’estratto conto delle commissioni, in cui dovrebbero essere elencati con precisione tutti gli oneri sostenuti per consulenza, gestione, custodia titoli, e tutto il resto.
La nascita di questo documento ha una storia interessante. La Commissione Europea, dopo anni di lamentele da parte dei consumatori e di analisi che dimostravano come gli investitori pagassero commissioni tra le più alte al mondo senza neanche saperlo, ha deciso di mettere ordine. La direttiva MiFID II è stata pensata proprio per dare una scossa al settore, obbligando tutti gli intermediari finanziari a fare chiarezza sui costi.
L’obiettivo era nobile: permettere agli investitori di capire finalmente quanto stavano spendendo e poter così confrontare diversi intermediari e prodotti. In teoria, una rivoluzione. In pratica, come spesso accade, le cose sono andate diversamente.
Cosa dovrebbe contenere il tuo rendiconto
Quando riceverai (o meglio, quando ti attiverai per andarlo cercare) il tuo rendiconto MiFID, dovresti trovare tutto quello che hai pagato durante l’anno. E qui iniziano i primi problemi: non esiste un modello standard di rendicontazione uguale per tutti. Ogni banca, ogni intermediario, ha inventato il proprio formato. È come se ogni supermercato decidesse di stampare gli scontrini in modo completamente diverso.
Tuttavia, ci sono alcune voci che dovrebbero essere presenti ovunque. Innanzitutto, i costi che paghi direttamente alla tua banca: le commissioni per la consulenza, per la gestione del portafoglio, per la custodia dei titoli.
Poi ci sono i costi che la banca paga ad altri soggetti per tuo conto. Ad esempio le commissioni che vanno alle società che gestiscono i fondi in cui hai investito. E qui dovrebbe essere specificato quanto di questi soldi torna indietro alla banca sotto forma di retrocessioni.
Infine, dovrebbero essere elencati tutti gli altri costi: quelli fiscali, quelli legati alle singole operazioni, e soprattutto quelli “impliciti”, cioè quelli nascosti nel prezzo degli strumenti finanziari che compri.
I costi che non vedi mai
Parliamo di una delle parti più interessanti e, ahimè, più costose della faccenda: i costi impliciti. Questi sono i costi che non compaiono mai su nessun estratto conto, ma che paghi comunque. È come se il negoziante, invece di metterti in conto la sua commissione, gonfiasse leggermente il prezzo di ogni prodotto che ti vende.
Prendiamo l’esempio dei Certificates, prodotti che le banche negli ultimi anno stanno proponendo a tanti clienti. La tua banca ti propone un Certificato, magari presentandolo come un investimento “sicuro” e “conveniente” perché distribuisce dei coupon periodici (mensili o trimestrali). Ciò che non ti dice è che il prezzo di collocamento a cui te lo fa acquistare può essere molto più alto del suo valore. Stiamo parlando di differenze che possono andare dall’5% al 10%. In pratica, se investi 10.000 euro in un Certificate potresti partire subito con una perdita tra i 5.000 e i 1.000 euro. Ovviamente non la vedrai mai esplicitata da nessuna parte.
Questi costi impliciti sono particolarmente diffusi nei prodotti più complessi. In particolare in alcuni fondi comuni, gestioni patrimoniali, le polizze unit-linked (quelle assicurazioni che investono in fondi comuni e che non garantiscono il capitale investito). È un mondo dove spesso paghi 100 per investire 90 o 95.
La caccia al tesoro per trovare il rendiconto Mifid
Ora arriva la parte tragicomica della storia. Secondo la legge, entro il 30 aprile di ogni anno, la tua banca dovrebbe inviarti il rendiconto dei costi. “Inviarti” è una parola grossa: nella maggior parte dei casi, il documento viene semplicemente caricato in qualche sezione nascosta del tuo home banking, senza che ti arrivi alcuna notifica.
È un po’ come se il postino, invece di suonare il campanello, nascondesse le lettere in giardino senza dirti niente. Alcuni intermediari sono particolarmente creativi: mettono il rendiconto dietro PIN aggiuntivi, in sezioni con nomi poco intuitivi, o addirittura lo rendono disponibile solo su richiesta esplicita.
E qui emerge il primo grande problema: se non sai che questo documento esiste, e se nessuno ti dice dove trovarlo, come fai a consultarlo? Non è un caso che, secondo uno studio, il 35% dei clienti delle banche e il 48% degli altri investitori non abbiano mai sentito parlare del rendiconto MiFID.
C’è di più: quello che trovi facilmente è solo la versione “sintetica” del rendiconto, una specie di riassunto. Se vuoi vedere i dettagli, cioè sapere esattamente quanto hai pagato per ogni singolo investimento, devi fare una richiesta specifica. Solo il 3% degli investitori sa di avere questo diritto e lo esercita.
Come decifrare il tuo rendiconto
Supponiamo che tu sia riuscito a mettere le mani sul tuo rendiconto MiFID completo. Come interpretarlo? La prima cosa da guardare è il totale: quanto hai pagato in percentuale del tuo patrimonio medio. Se superi il 2% all’anno, stai pagando troppo. Se superi il 2,5% cambia banca o intermediario.
Ma attenzione: bisogna guardare anche cos’hai in portafoglio. Se hai solo ETF azionari diversificati, pagare più dello 0,5% all’anno è già eccessivo. Se hai prodotti più complessi o esotici, i costi possono anche essere più alti, ma devi sempre chiederti se la complessità aggiuntiva vale davvero la pena.
Una voce particolare su cui concentrarsi sono le “retrocessioni”. Questi sono soldi che le società di gestione dei fondi pagano alla tua banca per il privilegio di vendere i loro prodotti attraverso i suoi canali. In pratica, è come se il produttore di merendine pagasse il supermercato per mettere i suoi prodotti all’altezza degli occhi anziché in basso negli scaffali. Il problema è che questi costi li paghi tu, indirettamente, attraverso commissioni più alte sui fondi.
Un altro aspetto da controllare sono le commissioni “una tantum” versus quelle “ricorrenti”. Le prime le paghi solo quando compri o vendi qualcosa, le seconde continui a pagarle per tutto il tempo che tieni l’investimento. Una commissione del 2% una tantum è fastidiosa, ma una commissione del 2% all’anno è un salasso.
Quanto costa davvero investire
Quando finalmente riuscirai a mettere le mani sul rendiconto completo, i numeri possono essere scioccanti. In Italia, un investitore che si affida alla propria banca paga mediamente tra il 2% e il 3,5% all’anno del proprio patrimonio in commissioni varie. Per molte famiglie, questa è la prima voce di spesa del bilancio dopo la casa e l’auto.
Facciamo un esempio concreto, preso dalla vita reale. A titolo esemplificativo pubblichiamo il report ricevuto da un investitore. Grazie al nostro supporto ha appena deciso di non farsi più “consigliare” dalla banca e di rivolgersi d’ora in avanti al nostro staff.

Come puoi notare questo investitore ha pagato, senza esserne consapevole, oltre 10.583 Euro di costi all’anno, pari al 3,14%, escludendo la fiscalità! Come fai a guadagnare se tutti gli anni hai una zavorra di oltre il 3% di costi?
Diecimila euro! Con quella cifra puoi fare tante cose: una bella vacanza, fare qualche acquisto per la casa, pagare una buona università per i tuoi figli. Invece sono finiti tutti in commissioni!
Ma il problema non è solo l’importo in sé. Il vero dramma è l’effetto compound (interesse composto), quello che gli inglesi chiamano “compounding”. Se ogni anno perdi oltre il 3% del tuo patrimonio in costi, nel lungo periodo l’effetto è devastante!
Un investimento di 100.000 euro nell’indice MSCI World dal 2001 al 2024 sarebbe diventato circa 441.300 euro. Ma se avessi investito nell’indice mondiale con prodotti che costano il 3% all’anno, oggi avresti solo 228.972! Ben 212.328, Euro di differenza, quasi la metà!
È come correre una maratona con uno zaino da 30 chili sulle spalle: magari arrivi al traguardo, ma avrai fatto molta più fatica e impiegato molto più tempo.
Perché le banche non amano la trasparenza
A questo punto ti starai chiedendo: se la legge obbliga le banche a fornire queste informazioni, perché sembra che facciano di tutto per nasconderle? La risposta è semplice: perché la trasparenza sui costi mette in crisi un sistema che ha funzionato per decenni basato sull’opacità.
Pensaci: se sapessi che per comprare un fondo la tua banca incassa una commissione del 3% subito, più il 2% all’anno di gestione, più eventuali commissioni di performance, più le retrocessioni dal gestore del fondo, forse cominceresti a fare qualche domanda.
E se scoprissi che esistono strumenti sostanzialmente identici che costano dieci volte meno? Probabilmente cambieresti idea sull’investimento che ti propone la banca o gli altri intermediari finanziari.
Il conflitto di interesse è evidente: più l’intermediario ti fa pagare, più guadagna. È un po’ come andare dal meccanico che guadagna una percentuale su ogni pezzo che ti ripara: ha davvero interesse a ripararti l’auto con il minimo indispensabile?
I costi dei prodotti finanziari in Italia sono tra i più alti
Il perché di tutta questa opacità è facilmente spiegabile: i costi associati ai prodotti finanziari sono tra i più alti al mondo.
Gli investitori italiani pagano molto di più dei loro pari europei per la gestione del proprio patrimonio finanziario. Si tratta di somme elevate che rappresentano per molte famiglie italiane la prima voce di spesa del bilancio familiare. E’ superiore anche all’acquisto di prodotti alimentari o a ciò che spendi per andare in vacanza.
Secondo la “Global Investor Experience Study: Fees and Expenses” di Morningstar, che ha confrontato l’incidenza dei costi dei fondi di investimento aperti che gravano sui clienti retail in 26 nazioni, l’Italia è fanalino di coda insieme a Taiwan. E anche rispetto ad altri paesi europei, si posiziona molto male. I costi per la gestione di fondi azionari e obbligazionari sono superiori a quelli di Francia, Germania e Regno Unito.
Purtroppo da noi retrocessioni e commissioni di ingresso gravano sugli investitori più che altrove.
Secondo uno studio di Morningstar, l’Italia è al penultimo posto in Europa per costi dei fondi di investimento, seguita solo da Taiwan. Non è un caso: il nostro paese ha un sistema finanziario ancora molto orientato al collocamento di prodotti propri ad alto margine, piuttosto che alla consulenza nell’interesse del cliente.
Le alternative esistono
La buona notizia è che, una volta che hai preso consapevolezza dei costi che stai sostenendo, le alternative ci sono. Il mercato finanziario negli ultimi anni si è molto diversificato, e oggi esistono opzioni per tutti i gusti e tutte le tasche.
Gli ETF (Exchange Traded Funds) sono probabilmente la rivoluzione più importante degli ultimi vent’anni nel mondo degli investimenti retail. Sono fondi che replicano passivamente un indice di mercato e costano tipicamente tra lo 0,1% e lo 0,5% all’anno. Non hanno commissioni di ingresso, non hanno commissioni di performance, e non generano retrocessioni. Quello che vedi è proprio quello che paghi!
Esistono anche fondi attivi che costano ragionevolmente poco, tipicamente gestiti da società che hanno fatto della trasparenza sui costi un punto di forza. Non tutti i fondi attivi sono cattivi, così come non tutti gli ETF sono buoni per definizione, ma devi sapere cosa stai comprando e quanto stai pagando.
l vantaggio di rivolgersi a un consulente finanziario indipendente
Un’altra opzione sempre più popolare è la consulenza finanziaria indipendente. Il nostro unico interesse è il tuo successo finanziario, perché veniamo pagati solo da te, con una parcella trasparente. Nessun conflitto di interesse, nessuna commissione nascosta, nessun prodotto da piazzare.
Chi si affida a un consulente finanziario indipendente paga molto di meno.
Negli ultimi anni sempre più investitori si rivolgono a noi per aumentare le proprie conoscenze finanziarie e capirne di più.
Un professionista pagato da te a parcella (fee only) parte prima dai tuoi obiettivi finanziari (e non da prodotti da vendere come fanno gli intermediari) e solo dopo individua gli strumenti finanziari migliori per costruire una strategia personalizzata.
In questo modo hai una gestione finanziaria trasparente e personalizzata che elimina i costi superflui e migliora in modo significativo la performance del tuo patrimonio finanziario.
Non lasciare che sia il caso a decidere dei tuoi soldi. Abbiamo già aiutato centinaia di investitori a ridurre drasticamente i costi dei loro portafogli, spesso risparmiando migliaia di euro all’anno.
Cosa facciamo concretamente
Analizziamo il tuo rendiconto MiFID (ti aiutiamo a trovarlo se non sai dov’é) e ti mostriamo esattamente dove stai spendendo troppo. Identifichiamo le alternative più efficienti per ogni tuo investimento, calcolando il risparmio potenziale. Ti spieghiamo come negoziare con la tua banca attuale o, se necessario, come trasferire il portafoglio a condizioni più vantaggiose.
Ma soprattutto, ti daremo gli strumenti per non farti più fregare. Perché la consapevolezza è l’arma più potente che hai contro le commissioni eccessive.

Contattaci oggi stesso. Il tempo che perdi è denaro che la tua banca guadagna. Non lasciare che siano altri a decidere quanto guadagnare con i tuoi soldi. Riprendi il controllo dei tuoi investimenti oggi stesso.
Fabrizio Taccuso | Consulenza Vincente
Una risposta
Salve, vorrei, se possibile, mettermi in contatto con lei. Mi chiamo letizia giorgianni ed il mio numero è ………..